Automobili di carta.
Nella letteratura del Novecento, da sfondo lo spazio diviene sistema, assumendo, a detrimento del tempo, un posto sempre più rilevante.
Nella letteratura del Novecento, da sfondo lo spazio diviene sistema, assumendo, a detrimento del tempo, un posto sempre più rilevante. Parallelamente, cambia in profondità l’approccio al mondo degli oggetti che sembrano svincolarsi dal gesto e dal corpo umano, per diventare gli attori di un processo globale di cui l’uomo è solo lo spettatore. Tra i temi spaziali (città, paesaggi, macchinari, edifici) che configurano i nuovi ambiti di esperienza percettiva, acquistano in tal modo grande rilevanza quelli inerenti i nuovi mezzi tecnologici di trasporto: luoghi chiusi lanciati nello spazio circostante, che mantengono comunque una loro paradossale corporeità. Questo libretto affronta un tema circoscritto a un singolo oggetto e, insieme, a un nuovo spazio, chiuso e mobile, in apparenza altamente funzionale: l’automobile, complessa protesi del corpo umano venuta al mondo da poco più di un secolo. Nelle rappresentazioni letterarie, l’auto non si configura solo come un “prodotto” o un’invenzione, né come mera esperienza di viaggio. Viene viceversa sottoposta a diverse procedure di deformazione e straniamento, rivelandosi per il lettore “oggetto per eccellenza” e figura enigmatica, sistema di percezione e appropriazione dello spazio, calco negativo della morfologia umana, protesi corporea a cui sono simbolicamente legate le grandi trasformazioni della natura in artificio: acciaio, petrolio, materie plastiche, gomma sintetica, carburanti, bitumi, autostrade, oleodotti. Nelle opere letterarie della contemporaneità, questo oggetto e questo spazio sono insomma emblemi di un processo convulso e, per molti aspetti, terminale di civilizzazione.