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Educare bastonando
Fischi, urla e minacce a professori, lezioni interrotte o boicottate,
porte rotte, banchi danneggiati, falò nel cortile universitario. Sono
alcune delle scene di una tragicommedia universitaria che ha per
teatro Padova: il palazzo del Bo, il caffè Pedrocchi, strade e luoghi
cittadini.
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Fischi, urla e minacce a professori, lezioni interrotte o boicottate, porte rotte, banchi danneggiati, falò nel cortile universitario. Sono alcune delle scene di una tragicommedia universitaria che ha per teatro Padova: il palazzo del Bo, il caffè Pedrocchi, strade e luoghi cittadini. Non è il Sessantotto, anno simbolo delle contestazioni studentesche, che ha attirato su di sé un’attenzione quasi esclusiva ed escludente il periodo precedente. Siamo nei decenni che vanno dall’entrata del Veneto nel Regno d’Italia all’avanzata del fascismo. Un periodo complesso, di persistenze e mutamenti, in cui gli studenti universitari di tutta la penisola fanno sentire con forza la loro voce. Le proteste patavine, scatenate da ragioni scolastiche più che politiche, durano giorni o settimane, coinvolgendo la stampa locale e la cittadinanza.
Le autorità accademiche mostrano un ampio margine di tolleranza nei confronti di quella che liquidano come “baldanza giovanile”, e alternano il bastone e la carota. Non sempre il bastone è simbolico.
L’entrata in scena di Mussolini, sorta di deus ex machina, fa calare il sipario sulle contestazioni studentesche, dando inizio alla vera tragedia, quella in cui gli attori reciteranno un copione dettato dall’alto.
Le autorità accademiche mostrano un ampio margine di tolleranza nei confronti di quella che liquidano come “baldanza giovanile”, e alternano il bastone e la carota. Non sempre il bastone è simbolico.
L’entrata in scena di Mussolini, sorta di deus ex machina, fa calare il sipario sulle contestazioni studentesche, dando inizio alla vera tragedia, quella in cui gli attori reciteranno un copione dettato dall’alto.